Al momento di preghiera hanno partecipato tutti i sacerdoti della Diocesi, destinatari della riflessione dell’Arcivescovo di seguito riportata
Carissimi sacerdoti,
1. Vi ho proposto per la comune riflessione il passo della Lettera ai Galati, dal quale ho preso il motto del mio sacerdozio e del mio episcopato: Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Affermazione solenne dell’apostolo Paolo, che traduce tutto il suo amore a Cristo e tutto il suo zelo pastorale. Ad essa ho cercato, pur con le mie fragilità, di ispirare tutto il mio ministero di sacerdote prima, e di vescovo dopo. Questa frase vi consegno come dono più grande in questo mercoledì santo, forse ultimo del mio ministero in mezzo a voi.
2. Meditando la passione di Gesù tutti i credenti possono affermare di loro stessi quanto Paolo dice di se stesso. Ma in modo particolare, stasera possiamo applicarla a noi, in una occasione così solenne quale è questa Adorazione, che sostituisce la Missa chrismatis, vissuta in una situazione così dolorosa e tragica, qual è quella della pandemia che ci ha colpiti, e in un modo così drammatico, che vede ognuno di noi, chiusi nelle nostre case. Ma proprio perché tale, dolorosa e tragica, questa situazione ci abilita a pronunziare quel grido paolino con più verità e con più amore: vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato la sua vita per me.
3. La fede, la fiducia e l’abbandono in Gesù sono motivati dalla considerazione che siamo stati amati da lui.
Amati perché redenti.
Amati perché chiamati ad una comunione più viva e profonda.
Amati perché oggetto della sua fiducia e perciò inviati in suo nome.
Amati perché sempre accolti e mai respinti, sempre perdonati e mai condannati.
4. Abbiamo di che ringraziare e di che ricambiare, miei cari. Abbiamo di che verificare e giudicare in noi stessi, alla luce di quel vuoi, più volte ripetuto, con il quale ogni anno rinnoviamo le nostre promesse sacerdotali, qual è stato il nostro rapporto con il suo amore, attraverso il quale ci ha scelti ed inviati.
5. Vuoi: è stato l’atto di amore più grande che il Signore, dopo averci scelti, ci ha mostrato, proponendoci di seguirlo nella sua missione, ed ha atteso con amore rispettoso della nostra libertà la risposta all’invito: Vuoi?… Un’attesa paziente, senza forzature.
Vuoi? Indica l’atto più nobile che il Signore continua a compiere nei nostri confronti nei momenti decisivi della nostra vita, quando stoltamente ci esponiamo all’infedeltà o alla tiepidezza.
Vuoi?… ci sussurra in quei momenti: dipende da te – pare ci voglia dire – io sono qui e non ritiro la grazia dell’elezione con la quale ti ho circondato un giorno.
Vuoi?… è in gioco la tua libertà e la tua fedeltà. Vuoi?
6. Miei cari, lasciamo che Gesù ci ripeta ancora il suo Vuoi?, in questo momento storico, nel quale abbiamo perso le connotazioni sacrali, con le quali il popolo cristiano aveva rivestito e circondato la grazia della nostra elezione e la risposta della nostra consacrazione.
Vuoi? In questo momento tragico del coronavirus, che, tra tutto il male che sta arrecando, ci sta restituendo forse tanti valori, accogliamo nuovamente l’invito e ripartiamo di nuovo dal proposito di vivere nella fede nel Figlio di Dio che ci ha amati e ha dato la sua vita per noi.
Non una semplice fede, che è accettazione di un pacchetto di verità, che possono anche non scalfire il senso della nostra vita, ma una fede che sia vita (Vivo dice Paolo); un’adesione a lui che nasce dal profondo, dove in gioco c’è il senso della nostra vita; un modo di vivere che ci fa entrare nel vivo di quell’esperienza di comunione, che Gesù ha avuto con il Padre. Vivere nella fede deve significare che vogliamo essere e muoverci in lui e per lui.
Solo questa può essere chiamata vita; il resto è solo assenso formale e ipocrita, che coniuga apparenze religiose e interiorità idolatra.
7. È la ripartenza che, con lo sguardo lungimirante del profeta, aveva indicato S. Giovanni Paolo II all’inizio di questo millennio: ripartire da Gesù, dalla scelta del suo mistero di Verbo incarnato, che cha rivelato all’uomo il mistero del Padre e lo ha ricondotto a Lui; ripartire da una vita di unione con lui, da una sequela fedele di lui, da un cammino apostolico generoso sulle orme di lui.
8. Così risuona il primo Vuoi? della rinnovazione delle promesse sacerdotali: Volete unirvi intimamente al Signore Gesù, modello del nostro sacerdozio, rinunziando a voi stessi e confermando i sacri impegni che, spinti dall’amore di Cristo, avete assunto liberamente verso la sua Chiesa?
Riusciamo a capire, almeno oggi, nel pieno del turbine di questa pandemia, il significato dell’avverbio intimamente? È l’intimità chiesta da Gesù agli Apostoli, quando li condusse in un luogo appartato per stare con lui; è l’intimità di Giovanni nel momento tragico della rivelazione del traditore durante l’ultima cena. È l’intimità a cui porta il vivere nella fede del Figlio di Dio, che ci restituirebbe quell’alone di sacralità, che favorirebbe l’accesso a Dio del popolo affidato alle nostre cure pastorali. È l’intimità da cui scaturirebbe il profumo di Cristo, che dovremmo espandere attorno a noi con la nostra vita.
9. Vuoi? Ci porta a vivere un altro aspetto del vivere nella fede del Figlio di Dio. Cioè la capacità di leggere la nostra esistenza come guidata ed orientata da Dio, dal suo amore, dal sua volontà salvifica, dal suo piano provvidenziale, anche quando a noi la vita ci riserva difficoltà, sofferenza, dolore. Cristo si è fatto uno di noi e ci ha rivelato che Dio è Padre e ci ama; con la sua vita ci ha immessi come figli nel flusso di amore che lo unisce al Padre e ci ha insegnato che l’amore del Padre non si interrompe nel momento della sofferenza, come non si è interrotto tra lui e il Padre nel momento della passione e della morte.
Allora vivere nella fede del Figlio di Dio deve significare per noi credere di poter vivere come è vissuto Gesù, cioè nel contesto dell’amore del Padre, che lo ha guidato, passo dopo passo, nella vita, e che non si è interrotto nel momento della sua crocifissione.
10 Solo così possiamo essere educatori di fede, uomini solidi, capaci di tracciare cammini, profeti ispirati capaci di guidare gli animi dubbiosi e incerti; uomini esperti di Dio che sanno indicare a quanti bussano in cerca di luce i segni di Dio presenti nella loro vita e che loro non riescono a discernere.
Solo la comunione con Gesù, come la sua con il Padre, può essere capace di tracciare sentieri per se stessi e per gli altri, che chiedono il nostro aiuto per percorrere lo stesso sentiero alla ricerca della comunione con Dio. E tutti sappiamo l’estremo bisogno, oggi, di aprire strade tra tanti vicoli ciechi, tra tanti labirinti di dispersione e di confusione.
11. Quando il vuoi? è accolto con responsabilità ci apre ad una terza considerazione del vivere nella fede del Figlio di Dio, ed è quella della missione.
Nella rinnovazione delle promesse sacerdotali il secondo vuoi? recita così: Volete essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio per mezzo della santa Eucaristia e delle altre azioni liturgiche, e adempiere il ministero della parola di salvezza sull’esempio del Cristo, capo e pastore, lasciandovi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli?
Vivere nella fede del Figlio di Dio deve significare entrare in sintonia con Gesù Capo e Pastore, che ama gli uomini e dà la vita per loro. Il Sinodo sulla vita e missione dei presbiteri ha chiamato questa sintonia Carità pastorale.
12. Come è possibile superare gli interessi umani se non si entra in sintonia con Gesù, se non si alimenta il desiderio di conformarsi a lui? Come si può trasmettere l’amore all’Eucarestia se non viviamo, noi per primi, immersi in questo mistero, forza e sostanza della nostra vita spirituale?
Bisogna allora ripartire da questa fede rinnovata in Gesù, che ci fa rivivere il primo innamoramento di Cristo, ci fa assaporare la dolcezza del primo incontro e ad assaporare la gioia della prima risposta affermativa che gli abbiamo dato, giurandogli che mai saremmo tornati indietro.
13. È stato cosi? Ciascuno di noi si interroghi, ma con la consapevole certezza che lui sta davanti a noi per dirci ancora: se vuoi..
Ci dice: sei venuto meno? Coraggio, se vuoi, ripartiamo assieme. Ma sicuro e deciso.
Per me – ci dice – è come se fossimo al primo incontro, perché io faccio sempre cose nuove e dimentico le cose passate. Lasciati, però, crocifiggere con me, perché sia io a vivere in te.
Miei cari fratelli, si tratta di capire, in fondo, che vivere nella fede del Figlio di Dio, significa lasciare che lui viva in noi.
14. Carissimi sacerdoti, ripartiamo con generosità e gioia e lasciamo che Cristo viva in noi. In questo mese di clausura forzata ci è mancato il contatto vivo con i fedeli. Abbiamo sofferto celebrando in chiese vuote. Ci serva di monito, per essere sempre più accoglienti e generosi con i nostri fedeli, ai quali vi affido perché preghino per voi tutti e si aprano sempre più alla collaborazione e condivisione generosa.
Grazie, carissimi sacerdoti, del servizio che rendete al popolo di Dio.
15 Carissimi seminaristi, quanto ho detto ai sacerdoti per invitarli a ripartire, vale anche per voi che vi preparate a questa avventura bellissima che è il servizio sacerdotale. Iniziate con le motivazioni giuste e con il cuore libero e aperto, cioè il desiderio di vivere nella fede del Figlio di Dio che ha amato anche voi, e vi ha chiamati a far parte del presbiterio di questa nostra Chiesa diocesana.
E pregate tutti per me.