Almeno 5 eventi analoghi si sono ripetuti negli ultimi dieci anni, nella stessa area. Nelle ultime 2 settimane, nella zona di Scilla si erano già registrati un paio di eventi di pioggia: il primo, più rilevante, tra 31.07 e 01.08 (cumulando meno di 20 mm in 2 giorni); il secondo tra 07.08 e 10.08 (2.6 mm in 4 giorni). L’evento del 12-08 si è sviluppato tra le 6 e le 9 del mattino, facendo registrare ai pluviometri tra 40 e oltre 80 mm di pioggia (dati CF-ArpaCal, in corso di validazione): si tratta di quantitativi sicuramente rilevanti, in appena 3 ore. Ma niente di epocale, soprattutto per quella zona.
Tali precipitazioni temporalesche si sono verificate in un’area, come la Costa Viola, orograficamente accidentata e incisa da corsi d’acqua a carattere torrentizio, i cui bacini idrografici sono generalmente di modesta estensione e caratterizzati da pendenze mediamente elevate. Nell’area, le zone urbanizzate, come pure le principali infrastrutture di trasporto, sono ubicate lungo la costa, alla base dei ripidi versanti, dove sfociano i torrenti. Un osservatore attento non potrà non accorgersi che, spesso, le zone che un tempo erano di pertinenza dei corsi d’acqua sono oggi occupate da aree edificate e strade, e gli impluvi sono a volte scomparsi – “tombati”, cioè costretti a scorrere in tubazioni sotterrate, spesso prive di manutenzione e di dimensioni inadeguate alle portate dei temporali più intensi. In alcuni casi, la memoria del percorso degli antichi corsi d’acqua è ancora conservata nella popolazione, o nella toponomastica. Il territorio, invece, se lo ricorda bene, e se ne riappropria in occasione dei temporali più violenti – come è appunto accaduto a Scilla.
Gli eventi di pioggia estremi appaiono sempre più frequenti, probabilmente in conseguenza di cambiamenti climatici che il genere umano sta contribuendo ad amplificare con emissioni sconsiderate di gas serra. Questi temporali si abbattono su un territorio generalmente trascurato (alcune aree interne sono state abbandonate negli ultimi decenni), e sfregiato dagli incendi (praticamente tutti appiccati dai sapiens). Estese porzioni di territorio sono state trasformate, e rese meno permeabili: a parità di pioggia, oggi una maggiore quantità tende a ruscellare in superficie invece di infiltrarsi nel sottosuolo. In un simile contesto, quando le acque piovane giungono a terra con estrema violenza, tendono a innescare processi erosivi lungo i versanti, e scorrono verso valle sempre più impetuose, trascinando con sé detriti e oggetti vari. Talvolta, lungo il percorso, i flussi incontrano ostacoli o rallentamenti temporanei (es. accumuli di detrito, rifiuti), che poi collassano. In condizioni particolari, le aliquote di acqua che riescono a infiltrarsi nel terreno innescano anche frane “superficiali”, che possono fluidificarsi e propagarsi a grandi distanze dai siti di origine. Nel complesso, questi eventi temporaleschi originano “flussi iperconcentrati” (ricchi in frazione solida) e frane da “colata detritica”, capaci di spostarsi molto rapidamente (fino a decine di metri al secondo). L’impatto di tali flussi – in zone spesso distanti da quelle in cui si sono originati – è devastante, e produce gran parte dei danni e delle vittime che si registrano in occasione di questi eventi.
Duole constatare che a Scilla, il 12 agosto 2022, è accaduto ciò che, da tempo, sappiamo bene che può succedere in simili zone. Grazie all’avanzamento delle conoscenze multidisciplinari, in settori come la geologia applicata, la geomorfologia, l’idrogeologia/idrologia e l’idraulica, è noto infatti con buona precisione “dove” possono accadere questi tipi di eventi, e siamo in grado di stimare anche “quando” possono accadere (o meglio, con che probabilità si possono verificare). Combinando approcci di modellistica ad adeguati strumenti di monitoraggio (anche in remoto, es. satelliti e RADAR meteo), sappiamo perfino riconoscere l’approssimarsi di condizioni meteo critiche, individuare le celle convettive fin dal loro originarsi (es. a mare), studiarne il percorso, e prevedere dove potranno colpire nel giro di poche ore.
Esempi di studi di questo tipo sono ben noti nella letteratura scientifica, e andrebbero semplicemente “utilizzati” per la mitigazione del rischio geo-idrologico (in tal senso, un esempio virtuoso è rappresentato dal Progetto RAMSES, finanziato da RFI SpA con la partecipazione di CNR-IRPI e Centro Funzionale ARPACAL).
Ovviamente, ciò presuppone il rispetto degli strumenti di pianificazione, elaborati ai sensi della L.183/89 e norme collegate. Ma questi strumenti necessitano di aggiornamenti e approfondimenti, e con l’accentramento delle Autorità di Bacino in Autorità Distrettuali le difficoltà per i professionisti calabresi sono aumentate. Questo Ordine ha istituito uno specifico Gruppo di Lavoro su tali problematiche, e ha già segnalato tali esigenze di razionalizzazione, offrendo disponibilità di collaborazione e supporto tecnico. Auspichiamo che i problemi analiticamente segnalati vengano rapidamente risolti.
Ma limitarsi a parlare, oggi, di prevenzione e di mitigazione del rischio geo-idrologico suona inappropriato. Sono necessari diffusi interventi di protezione, a partire dalle zone maggiormente esposte, col rischio di produrre ulteriori scempi ambientali (per la gioia di chi fa affari con la cementificazione). Ma serve anche un deciso cambio di rotta, una presa di coscienza generale da parte della popolazione, di chi fa informazione, e degli Amministratori e politici, locali e nazionali. Come in tante altre parti d’Italia, la meraviglia e lo sconforto dureranno solo qualche ora (al più, qualche giorno, nei casi in cui si contano vittime). Poi ci dimenticheremo di tutto, anche perché così conviene a molti, e saremo punto e a capo, pronti per il prossimo disastro. Negli ultimi anni, abbiamo anche trovato un comodo “capro” cui addossare tutte le colpe: il cambiamento climatico. Vero è che gli eventi estremi si stanno verificando con maggior frequenza, ma non possiamo certo limitarci a subire passivamente. E invece, continuiamo imperterriti a utilizzare malamente il territorio, insofferenti verso vincoli e prescrizioni. E qualcuno pensa, perfino, di eliminare i fastidiosi adempimenti in materia urbanistica..