Le riflessioni di Angelo Latella
Sento parlare da diversi giorni di salario minimo, facendo intendere che non dovrebbe esserci una “retribuzione oraria”, in nessun lavoro, che sia inferiore ai nove euro (qualcuno ha aggiunto: lordi?) ma tralasciamo questo aspetto perché non rientrerebbe nei motivi della mia riflessione.
Che cosa significa allora? Che per un contadino o un lavapiatti, non importa più quanti pomodori o piatti riesci a raccogliere (o lavare) in un’ora? Per non parlare di chi lava scale (dovrebbe essere obbligato a garantire un numero minimo di piani lavati?).
Non credo però che i nove euro riguardino il chirurgo o l’ingegnere, che camminano ad altre tariffe.
La riflessione di oggi va verso il futuro, verso l’intelligenza artificiale: forgiare (perdonatemi il termine) un chirurgo, uno che salva vite, ha dei costi, senza dubbio, e molti meriti individuali, quindi una buona retribuzione non sarebbe oggetto di scandalo.
Anche se in questo campo la robotica sta facendo passi da gigante. Il problema attuale invece è l’aumento sproporzionato dei prezzi di beni di prima necessità e con un lavoro già precario, se un operatore ecologico dovesse alzarsi una mattina e dire basta, voglio cinquanta euro l’ora perché non arrivo a fine mese, che cosa succederebbe?
Vedremo robot lavare scale, raccogliere pomodori e immondizia, pulire le sale operatorie? Oppure il chirurgo potrebbe pensare di cambiare mestiere?
Conclusioni sempre mie. I nove euro l’ora sono importanti per definire un compenso base a chi potrebbe sedersi per guardare e imparare come si raccolgono i pomodori. Il lavoro è un fattore di sudore, competenza, meritocrazia, passione, e forse anche di resa. Il suo compenso non potrà mai essere legato all’orario. Io per esempio, in un’ora laverei un solo piatto, perché mi piace pulire a fondo.
I nove euro l’ora vanno bene, se il pane, la carne e il sapone non subiranno continui aumenti, spesso immotivati e legati ad arricchire ancor più, i soliti ricchi.