Le riflessioni di Angelo Latella
Da appassionato cultore della lingua dialettale ogni tanto mi risuona in mente una vecchia canzone che in un passaggio diceva, più o meno : “cantunu li ceddi e cantunu li pisci, canta puru cu non ndi capisci”, per sottolineare che spesso la bellezza del canto non è vincolata dalla professionalità del cantante, ma si canta da semplici “uomini” perché si sta attraversando un momento di allegria, serenità e volendo felicità…cantava quindi il muratore col fracasso in mano, cantava il falegname levigando un piede del tavolo, cantava il fruttivendolo, il macellaio e l’avvocato mentre si radeva.
Oggi non canta più nessuno, è rimasto solo Sanremo, ma per dirla alla Lucio Battisti (in un mondo che, prigioniero è) , la gara canora non è più “un canto libero”, è , in gran parte, commercio, affari.
Non si canta più perché non può esserci alcuna voglia di farlo, le catastrofi del mondo non mettono allegria, non trasmettono serenità, offuscano il vero cammino verso la felicità.
Non si canta più perché bisogna pensare a campare…O campi o canti.
Non si canta più perché l’anima è offuscata, perché il principale interprete di tutte le canzoni, l’amore, è in crisi.
La felicità è tutta nell’amore e chi ama non uccide, non ferisce, non distrugge, chi ama costruìsce, chi ama protegge.
E non si canta più perché non si ama, non si è innamorati della vita, non si è grati a Dio.