Detti e proverbi calabresi liberamente narrati da Angelo Latella
La traduzione è “la lingua non ha osso ma rompe le ossa”.
Proverbio che rimarca l’importanza di “misurare” le parole quando parliamo e ci confrontiamo con gli altri.
La lingua, organo delicato, ha delle funzioni vitali, indispensabili per degustare e digerire, ma anche per parlare, cantare e quindi comunicare con facilità (il linguaggio è la fonte primaria di comunicazione, la più semplice e usata nel mondo degli umani).
Pertanto se la comunicazione non è chiara, oppure è chiaramente offensiva, genera incomprensioni, malumori, rancori, stati d’animo tristi e deprimenti.
Tante volte, ha detto il prete l’altra domenica in chiesa, la gente viene a confessarsi e dice “non ho rubato, non ho ammazzato, non ho bestemmiato”, poi gli chiedi se in famiglia va tutto bene e si ricordano di aver litigato con il fratello, che sono anni che non si parlano, perché “mi dissi chi sugnu scemu, cretinu e stortu rinisciutu, a mia! Signor parrucu, u pozzu mai pirdunari?”.
Quindi le parole dette male o maledette, per citare una delle canzoni dell’ultimo Sanremo, possono ferire gravemente, più di un pugno, possono fare male nell’anima, un male o dolore paragonabile alla “rottura” delle ossa, perciò le parole possono anche uccidere.
Voglio chiudere l’argomento con ironia, con una barzelletta, anche se insulti e cattiverie “verbali” continuano ad essere le armi più semplici da usare…
“Papà oh papà, ho litigato con Peppe sai, Peppe il figlio della nostra vicina di casa, lui mi ha riempito di botte, ma io gliene ho dette di tutti i colori : bastardu e figghiu i puttana”.