Il sindaco metropolitano di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà ha preso parte quest’oggi all’inaugurazione della mostra “Metamorphosis. Il progetto dei Beni confiscati alle Mafie” curata dal laboratorio di ricerca Landscape_inProgress del Dipartimento Architettura e Territorio dArTe dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, partner di Fondazione Magna Grecia.
All’incontro di presentazione, nello splendido scenario del Castello di Scilla, insieme al sindaco della Città Metropolitana erano presenti i Professori Ottavio Amaro e Marina Tornatora che hanno illustrato il percorso della mostra, il Sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone, il Presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti, il rettore dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Santo Marcello Zimbone, insieme ad alcuni artisti ospiti dell’evento.
“Un progetto certamente qualificante – ha commentato il sindaco Falcomatà a margine della cerimonia – un percorso davvero straordinario e sotto certi aspetti rivoluzionario. Grande merito va alla nostra Università Mediterranea, con in testa il Magnifico Rettore, per l’importantissimo lavoro di ricerca e di coinvolgimento degli studenti brillantemente coordinato dal Professore Amaro e dalla Professoressa Tornatora. Di certo, la cosa più emozionante, è che oggi con la nuova programmazione dei fondi europei, con il Pon 2021-2027, con le risorse inserite all’interno del Pnrr per la riqualificazione dei beni confiscati, molti di questi progetti potranno effettivamente essere realizzati, restituendo alla collettività i beni sottratti alle mafie. Uno di questi ad esempio – ha spiegato ancora il sindaco – lo stabile in via Possidonea che gestisce il Consorzio Macramè, è quasi concluso e pronto per essere inaugurato, proprio grazie alla sinergia sviluppata con l’Università Mediterranea che prevede la realizzazione di un presidio per il terzo settore proprio nel cuore della città.
Sempre in quella zona è in corso la riqualificazione di un altro bene confiscato che sarà poi destinato a scopo espositivo, altri progetti sono in corso per la destinazione di edilizia residenziale pubblica e all’emergenza abitativa nella zona sud della città, una fattoria didattica nella zona di Gallico. Insomma lo studio e la ricerca, che si esprimono grazie alla sinergia tra le istituzioni territoriali, con la disponibilità del Comune e della Città Metropolitana, oggi ci da la possibilità di guardare in maniera positiva alla prospettiva dello sviluppo concreto di questi progetti, per il completamento del circuito previsto dalla legge Rognoni – La Torre, che va dalla confisca dei beni al loro riutilizzo a scopi sociali”.
Grande soddisfazione è stata espressa a margine dell’incontro anche da uno dei due promotori della mostra, il professor Ottavio Amaro, che ha ringraziato le istituzioni presenti illustrando i contenuti del lavoro prodotto con gli studenti. “Un percorso che guarda al riutilizzo sociale dei beni confiscati – ha spiegato – che come Università e come Dipartimento stiamo affrontando con l’obiettivo di far percepire questo patrimonio come una ricchezza collettiva, nell’ottica di un senso di appartenenza e di identità che deve riguardare l’intera comunità. Parliamo di segni criminali, segni di un’economia mafiosa che hanno spesso distrutto paesaggi, territori, città. Segni che possiamo chiamare beni nel momento in cui riusciamo a progettarne la riqualificazione, nell’ottica del connubio che mette insieme la giustizia e la bellezza. Riportare la bellezza in questi luoghi significa dare loro un valore aggiunto”.
Il professore Amaro ha infine illustrato alcuni dettagli della mostra, che si compone di diverse sezioni, per le quali gli studenti “hanno lavorato attraverso un percorso formativo che si sposa con i temi etici ed estetici, certamente importanti in una facoltà di Architettura”. “E’ una mostra – ha concluso Amaro – che si occupa di un tema davvero importante per quantità e qualità come quello dei beni confiscati sul nostro territorio ed in generale nel Meridione, un patrimonio da riqualificare attraverso un processo che punta alla bellezza come senso di appartenenza dell’intera comunità”.