“Chissà come si saranno sentiti i nativi americani quando, ad ogni trattato stipulato con l’uomo bianco, vedevano invariabilmente traditi i patti sottoscritti e venivano sistematicamente derubati, confinati, ghettizzati. O i sudditi dei Borbone di Napoli, a loro volta ingannati da una manica di delinquenti piemontesi, a cominciare dal Re Vittorio Emanuele II, interessato solo a mettere le mani sulle ricchezze del Regno delle Due Sicilie, e per fare questo si era servito di prezzolati sicari, pagati in piastre turche dalla massoneria inglese, a cominciare dal mercenario nizzardo Giuseppe Garibaldi?
Allo stesso modo, la comunità di Ortì sta vivendo una situazione equipollente. Dopo avere subìto per tanti anni la presenza di sacerdoti-impiegati che “timbravano il cartellino” della domenica rifiutandosi di convivere con noi la quotidianità del connubio pastore-gregge, non molto tempo fa le ultime promesse da parte dell’ex Vescovo Morosini sembravano assicurare la venuta di un sacerdote proveniente da una lunga missione all’estero che avrebbe vissuto stabilmente in canonica.
Avvenimento questo che aveva ridato vigore agli entusiasmi della comunità. Entusiasmi che si erano rafforzati dopo aver conosciuto il nuovo Parroco, anche lui felicissimo di stare con noi, cosa ribadita in ogni occasione possibile. In pochi mesi, Don Claudio aveva riacceso la speranza che questo paese non fosse più ai confini del regno. Ed il lavoro subito intrapreso, aveva cominciato a dare i frutti sperati.
E poi? E poi abbiamo dovuto rifare i conti con una Chiesa che ormai è regolata da un registro ragionieristico, con dare e avere quale libro mastro. Con la medesima logica per la quale un sindaco di tanti anni fa, con un colpo di penna, cancellò un’opera che sarebbe stata fondamentale per la vita sociale del nostro Paese, preferendo dirottare quei fondi verso opere in contesti molto più redditizi dal punto di vista elettorale. Parlo della strada Vito-Ortì, la cui mancata realizzazione ha avviato il Paese a una lenta ma inarrestabile agonia di cui solo ora si ha piena contezza. Questa vicenda rimarca una caratteristica specifica della chiesa cattolica romana: l’infallibilità dei vertici a vari livelli. Da quella del papa in questioni di fede si chiama ”ex cathedra”, quella dei vescovi in questioni contabili la possiamo chiamare ex pecunia
Alla beffa si aggiunge il danno dal momento che per accogliere degnamente il novello Messia promesso, la comunità di Ortì si è infatti sobbarcata ingenti spese di ristrutturazione della citata canonica che, purtroppo per soli tre mesi, aveva ripreso ad essere non solo la casa del Parroco, ma il cuore pulsante dell’intero Paese. Ma la necessità di dover dare il pastore ad una parrocchia ben più redditizia, a cagione dell’incarico assunto dal suo parroco divenuto figura apicale curiale, ha fatto decidere al nuovo Vescovo metropolita di adottare provvedimento ad hoc.
E la ragion di stato trionfa sempre, in ossequio al principio non scritto ma riconosciuto da tutti, che Fede e chiesa sono due cose ben distinte e che non hanno quasi mai punti in comune. Al buon Parroco che imbrigliato dall’obbligo dell’obbedienza, come una pedina per un gioco più grande di tutti noi, dovrà fare le valige nessun rancore. Anzi rivolgiamo un augurio di fare fiorire in un altro giardino quel frutto che qui ad Ortì, ahinoi, non è stato possibile cogliere.
Ora tutto questo finisce. Personalmente e per conto della mia famiglia, seguendo la logica ragionieristica di cui si accennava, cesseranno ogni forma di sovvenzione ad una chiesa che sento non appartenermi più, arrivando ad augurarmi che venga sbarrata per sempre. O, in alternativa, provare con l’Islam, non si sa mai”.
Biagio D’Agostino