L’ingratitudine e le … frittole

La riflessione dell’editore di Angelo Latella

L’ingratitudine e le frittole. Ti sono grato è l’espressione che usiamo quando dobbiamo dire un particolare “grazie”.

Si, perché ci sono molti modi e tanti motivi per ricevere gratitudine, per dare gratuitamente… ma analizziamo: cos’è un favore? Una gentilezza? Una cortesia? Un pensiero?

Non sono altro che l’interesse, l’attenzione, completamente gratuita, di un uomo verso un altro uomo (non do per scontato che gli animali non possano avere chiaro il concetto della gratitudine). Quando facciamo qualcosa per un nostro “fratello” senza aspettarci alcun tipo di ricompensa, nemmeno o al massimo, un grazie.

Esempio di favore, cortesia, gentilezza, pensiero…cedere il posto in una lunga fila, cedere il posto a sedere sull’autobus, dare la precedenza ad un incrocio, regalare delle arance del nostro giardino, mandare il buongiorno con un messaggino, trovare il tempo per parlare e ascoltare un amico, aiutare la nonnina in difficoltà, cambiare il turno di lavoro con il collega che ha degli impegni imprevisti, aiutare qualcuno, anche uno sconosciuto a superare una condizione di disagio.

Questa mia riflessione parte dalla necessità di distinguere l’amore dal rispetto, la bontà dal resoconto. Mi sono rifatto al detto “dammi cu dammi s’acquista l’amicu”… e mi sono ricordato di quel signore che ricevuto un piatto di frittole dal vicino di casa, andò nel suo porcile e li diede da mangiare al suo maiale esclamando: “ecco, questi sono per te”. Era usanza infatti macellare in famiglia il maiale e poi omaggiare amici e parenti con le frittole. I cattivi e malvagi sostenevano che quel dono non fosse gratuito ma finalizzato al reciproco scambio: “quando macellerà lui farà lo stesso con me”.

Morale della favola? Date le frittole (fate del bene) a tutti, soprattutto a chi non se li aspetta o come diceva Enzo Ferrari “non fate mai del bene se non siete preparati all’ingratitudine”.