CORTESE Maurizio è riuscito a gestire dal carcere gli affari illeciti della cosca attraverso i colloqui con la moglie PITASI Stefania e le comunicazioni epistolari con altri affiliati, nonché con l’utilizzo di apparecchi telefonici cellulari introdotti abusivamente all’interno della struttura carceraria. Pur essendo detenuto, il CORTESE ha continuato a svolgere le sue funzioni di capo cosca, impartendo direttive dal carcere per eseguire estorsioni, per ordinare danneggiamenti di esercizi commerciali, per imporre la fornitura di beni e per pianificare intestazioni fittizie di attività commerciali. Dall’indagine sono emersi diversi elementi che dimostrano come il capo cosca avesse a disposizione in carcere un telefono cellulare – rinvenuto il 9 aprile 2019 dalla Polizia Penitenziaria – con il quale riusciva a comunicare riservatamente con l’esterno e ad impartire disposizioni alla moglie la quale si prestava a fare da postina e ad altri sodali, con l’uso di un linguaggio criptico ma attinente alle dinamiche e alle attività delittuose della cosca di cui continuava a tenere le redini nonostante lo stato di restrizione.