Reggio Calabria. Sono anime vaganti, vite smarrite nel passato della loro esistenza, persone che si muovono tra altri simili spesse volte nell’indifferenza di tutti.
Sono i così chiamati senzatetto, coloro che non hanno nessuna residenza, un posto dove ritornare la sera e riscaldarsi di tutto ciò che li circonda.
Una piccola stanza, un piccolo fornello su cui far bollire il caffè del mattino o scaldare un pasto che, seppur povero, rimarrebbe sempre come un qualcosa da mangiare seduto tra quattro mura di una casa.
Niente di tutto questo. Per i senzatetto, i barboni, i clochard il vivere in un ambiente che possa fornire un minimo di protezione, forse anche per scelta, resta per molti come un sogno evanescente, una chimera irraggiungibile, un qualcosa che forse in un tempo lontano avevano ma dal quale, probabilmente, sono fuggiti o sfuggiti per allontanarsi da ciò che gli ha per sempre cambiato l’esistenza.
Storie di vita che si raccontano e si commentano da sole con le tristi immagini di figure spesse volte barcollanti perse tra i fumi dell’alcool, della droga, di vicissitudini familiari che li ha portati a vivere in strada spingendoli a cercare denaro, cibo, vestiti da poter utilizzare.
C’è l’impegno di tutti, associazioni, volontari, la Chiesa, lo stesso Comune che di recente ha aperto in una struttura dapprima dedicata allo sport (il “Palloncino”) un servizio docce che almeno porterà e potrà rendere meno disagiato il cammino di queste sfortunate persone.
Molti sono stati accolti in qualche centro di accoglienza ma altri preferiscono ancora stare lontano da tutti e da tutti vivendo ai margini della società in condizioni davvero inumane esposti al freddo o a qualsiasi pericolo.
Anime vaganti che è possibile scorgere più volte nelle mense a rifocillarsi ricurvi sulle loro spalle mentre consumano un pasto caldo e magari, dopo, portare con se un pezzo di pane per la notte.
L’ennesima notte che affronteranno nei soliti luoghi o in altri di recenti scoperti dove passarvi le ore di buio.
Un buio che li vedrà proiettati in questo viaggio dalle mille incognite ancora una volta rannicchiati sotto un portico, un monumento, un vecchio edificio sotto i loro ripari d’emergenza ottenuti con cartoni e coperte con il loro immancabile fardello pieno di ricordi nella speranza che la luce di un nuovo giorno possa risplendere nuovamente alla vita sui loro scarni volti.
Guglielmo Rizzica