A Palazzo Alvaro inaugurata la mostra “L’arte della guerra”

 

 

Questa mattina nella sala Umberto Boccioni il taglio del nastro del percorso espositivo insieme ai rappresentanti del Comitato 25 aprile

Inaugurata questa mattina nella Sala Umberto Boccioni di Palazzo Corrado Alvaro, sede della Città Metropolitana, la mostra “L’arte della guerra” di Bruno Canova, artista considerato tra i massimi esponenti dell’arte italiana del Novecento, a cura di Alessandra Carelli, Paolo Coen e Lorenzo Canova e visitabile fino al prossimo 5 maggio. All’incontro inaugurale, insieme ai rappresentanti del Comitato 25 Aprile, che raggruppa diverse associazioni reggine unite dai valori dell’antifascismo e della democrazia, c’erano il sindaco ff della Città Metropolitana Carmelo Versace ed in rappresentanza del Comune l’Assessora alla Cultura Irene Calabrò, il Presidente del Consiglio Enzo Marra ed il Consigliere delegato Marcantonino Malara.
L’evento, che arricchisce ulteriormente il calendario di manifestazioni organizzate in vista del 25 Aprile, è promosso dal Comitato per i festeggiamenti del 25 Aprile, in sinergia con la Città Metropolitana di Reggio Calabria, il Comune di Reggio Calabria, l’istituto Mattia Preti di Reggio Calabria, in collaborazione con il Museo dei Brettii e degli Enostri di Cosenza e la Rete Universitaria per il Giorno della Memoria.
“Una splendida iniziativa – ha affermato a margine dell’inaugurazione il sindaco ff Carmelo Versace – che come Città Metropolitana abbiamo voluto sposare, cosi come con le altre che in città si stanno organizzando in vista della celebrazione del 25 aprile, e che porta con sè un tema di strettissima attualità come quello della guerra. Attraverso un linguaggio diretto, quasi inquietante, con immagini forti e messaggi di impatto, la mostra di Bruno Canova richiama ai valori supremi della pace e della democrazia, cui l’intera comunità internazionale dovrebbe tendere soprattutto in un periodo buio come quello che stiamo attraversando con il conflitto in Ucraina. Per questo voglio ringraziare i promotori di questa mostra e spero che tanti cittadini, bambini e ragazzi in particolare, abbiano l’opportunità di poterla visitare nei prossimi giorni”.
L’esposizione monografica ospitata a Palazzo Alvaro si compone di più di 40 opere che comprendono una selezione di disegni, dipinti, incisioni e acqueforti che consentiranno di approfondire la figura e la personalità artistica di Bruno Canova, nato a Bologna nel 1925 e scomparso nel 2012 a Lacco Ameno d’Ischia. Si tratta di una sequenza di opere dedicate agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, nella quale un’immediata e ineludibile forza comunicativa si coniuga e viene esaltata da un raffinato livello di invenzione figurativa e di tenuta stilistica.
Il ciclo di opere realizzato dall’importante artista tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, ma portato avanti fino alla sua scomparsa, rappresenta la volontà di Canova di usare il linguaggio delle arti visive per contribuire al grande mosaico collettivo della Memoria, una scelta – questa – dettata anche e soprattutto dalla necessità di continuare a trasmettere alle generazioni future il ricordo degli orrori delle dittature, della guerra e la memoria tragica della Shoah. La mostra che ospitiamo a Reggio Calabria è la testimonianza di una tragedia nella quale l’artista è stato coinvolto in prima persona e delle atrocità cui è sopravvissuto. Bruno Canova, infatti, fu internato nel 1944 come partigiano in un lager tedesco.
Nei suoi lavori Canova unisce la sua formazione di avanguardia, legata alla grafica di Albe Steiner, Max Huber e alla fotografia di Luigi Veronesi, ad una personale rielaborazione del collage futurista e dadaista e alla sua vocazione iconica di disegnatore e pittore. Elaborati che sono il frutto di lunghe ricerche storiche, utilizzando manifesti, ritagli di giornale e documenti originali inseriti nel corpo dell’opera, disegni e parti dipinte. Il risultato, di grande forza espressiva e di dolente partecipazione, è legato indubbiamente alla sua esperienza diretta, dove i simboli non restano sospesi come fredde evocazioni, ma diventano elementi strutturali della potenza drammatica di opere colme di una intensa e sofferta capacità di testimoniare ed evocare fatti e cose talmente spaventosi da giungere alla soglia dell’indicibile.