La realtà della nostra città ormai da tempo figura una crescente desertificazione economica che oggi, come ricordano i recenti dati dello Svimez, raggiungono un pericolosissimo apice in negativo a causa dell’emergenza Covid-19 che stiamo attraversando. Benché a Reggio, e nella sua provincia, i numeri della crisi sanitaria e della conseguente crisi economica siano contenuti rispetto al resto d’Italia, non si può restare indifferenti di fronte alle continue file di serrande chiuse che attraversano sempre più le strade della nostra città. Da quando il settore pubblico anni fa è entrato in crisi, anche quello commerciale ne ha inesorabilmente risentito ed in assenza di un’economia industriale e di un turismo trainante, il risultato è che sempre più giovani per cercare di costruirsi un futuro devono fare le valigie. Una dura realtà alla quale, però, non è possibile arrendersi!
Margini di sviluppo e di creazione di nuove economie però ce ne sono, una di queste ad esempio è quella relativa al settore dei servizi socio-educative-assistenziali.
Il Terzo Settore, da sempre lodato ed esaltato nelle sue accezioni valoriali, nonché nella sua funzione di sostegno della società per le sue peculiarità nel campo dell’assistenza, dell’educazione e del benessere della persona, di contro molte volte risulta mortificato rispetto alla partecipazione dei tavoli di co-programmazione pubblica nel riconoscimento del suo valore economico. Il Terzo Settore può fare impresa e sviluppare occupazione, ma occorrere un cambio di paradigma è avere sul Terzo Settore uno sguardo rinnovato: da comparto che richiede risorse al pubblico, ad incubatore di risorse umane e generatore di risorse economiche.
Da professionista e operatrice del Terzo Settore, oggi ho scelto di candidarmi con #AmaReggio proprio perché questo progetto politico ha questo sguardo propositivo sul mondo del sociale. Non si può pensare ad uno sviluppo del Terzo Settore operando solo in emergenza, è necessario attivare tavoli di co-programmazione tra pubblico e privato; attivare politiche di collaborazione reale tra aziende profit e no-profit; guardare al Terzo Settore non più in una logica di mero assistenzialismo ma ad un settore che, oltre a generare benessere nella popolazione e aumentare il livello qualitativo di vita degli individui, se messo a sistema con opportune politiche pubblico-private, potrà divenire generatore anche risorse economiche!
Bisogna pensare alle organizzazioni del Terzo Settore come “antenne” sul territorio che rilevano bisogni e offrono spazi fisici, educativi e metapolitici che possano divenire contenitori di idee e di progettazioni partecipate che, dal “basso”, investano l’operato delle amministrazioni. La politica deve cominciare a coinvolgere gli uomini e le donne che rappresentano un “capitale sociale”, creando percorsi virtuosi nel rispetto di quelle norme istituzionali e di buone prassi umane e solidali per rigenerare e accompagnare i territori a saper rispondere ai bisogni sociali ed esistenziali crescenti.