Secondo uno studio urbanistico in circolazione in questi giorni, quando si parla del lungomare reggino ci si sofferma su uno degli spazi pubblici all’aperto tra i più grandi d’Europa. Un enorme parco urbano che si estende per oltre un chilometro e sale dalla riva del mare dello stretto fino alle prime stilizzate costruzioni d’epoca, con tutti i suoi monumenti troppo spesso dimenticati e le incredibili varietà di alberi la cui cura in questi ultimi anni sta lasciando davvero a desiderare. Un’area che, tra verde e arredi, se ben gestita e con le sue emergenze storico culturali, potrebbe essere sfruttata tutto l’anno dai reggini e dai turisti.
Quindi, con tutto lo spazio che c’è a disposizione dall’arenile fino ai palazzi e per tutta la sua lunghezza, la necessità di chiudere una strada così importante per la circolazione in una città che ha sempre avuto – un po’ per logistica e in parte per indisciplina non sanzionata – problemi di circolazione è già di per sé una idea malsana e sconclusionata. Utilizzare tutti gli altri spazi liberi sarebbe stata la soluzione più logica ed intelligente, per una amministrazione minimamente capace di programmare e progettare.
Ed è questo il punto chiave: questa amministrazione non sa fare niente.
Nessuno osa negare che dopo un periodo così difficile per tutti, l’economia si risveglia con aiuti anche e soprattutto ai commercianti e chi scrive è tra i pochi che davvero crede e si è battuto nel passato perché finalmente la vera vocazione turistica di questa terra possa riprendere una fase realizzativa concreta, interrotta con il nefasto avvento di Falcomatà e compagni.
Ma quando si decide di dare vita ad una idea, ad un progetto di qualunque tenore, è indispensabile una fase programmatica, a lungo respiro, concertata con tutte le parti che vengono ad essere coinvolte e non calata dall’alto come l’arroganza di questi pseudo amministratori autorizza a fare.
Una iniziativa di questo genere non si improvvisa. Non si gioca con la pazienza e il tempo dei cittadini – peraltro, in piena emergenza sanitaria sui rifiuti – come si trattasse di un video game: andavano e vanno ancora previsti percorsi di sfogo del traffico veicolare, con divieti di sosta perennemente e adeguatamente sottoposti a sorveglianza, una adeguata organizzazione del piano strade con il controllo del traffico a mezzo del personale del corpo dei vigili urbani che però, andava e va ancora considerato, ha un organico numericamente sottodimensionato.
Tutte attività che vengono saltate a priori di fronte allo strapotere di un secondo mandato all’ombra del quale qualcuno si ritiene investito di poteri assoluti da ancien regime. A corroborare questa tracotante, inopinata convinzione influisce lo sconforto, la rassegnazione, l’assuefazione in cui è caduta la popolazione reggina, oggi forse destinata ad un brusco risveglio di fronte alla ennesima autoritaria decisione assunta, con buona pace di chi vede recarsi al lavoro o rincasare dopo avere faticato tutto il giorno.
Ma Reggio 70 è attenta alle esigenze della comunità e non ha quale scopo la mera propaganda politica. Si mette in discussione e a confronto con chi vuole rapportarsi per il bene di Reggio e di tutto il suo comprensorio metropolitano. Se la decisione è irreversibile, tutte quante le descritte attività di contenimento dell’emergenza veicolare possono e devono ancora trovare esecuzione e varie sono le soluzioni per decongestionare il traffico che vanno realizzate. Oltre a tutte quelle lette ed ascoltate, Reggio 70 ne suggerisce una, insistendo nella battaglia intrapresa da qualche mese sulla riapertura del Tapis Roulant. La struttura di via Giudecca, oggi più che mai, servirebbe da importantissima valvola di sfogo per i quartieri alti; lavorare in maniera più incisiva e sviluppare in tempi brevi una soluzione seria capace di fare ripartire il tappeto mobile del centro cittadino diventa indispensabile e improcrastinabile per una amministrazione che voglia ricucire l’enorme strappo che sta subendo con il tessuto sociale reggino. Il consenso elettorale da solo non basta, perché il popolo ha ancora il diritto di protestare e ribellarsi.
Questo costituirebbe certamente un caso in cui quella “urgenza” in nome della quale si colorano di ideologia facciate di una periferia abbandonata può trovare fondamento logico.
Si ponga mente e mano alla ricerca di qualsivoglia possibilità utile al ripristino della struttura mobile e lo si faccia in tempi brevi, stavolta davvero urgenti ed improcrastinabili.
Ma questa amministrazione ha dimostrato di non sapere fare niente, di improvvisare e navigare a vista per quasi sette anni, lasciando indietro la città su servizi e progetti. Forse il miraggio, poi incredibilmente raggiunto di un insperato “secondo tempo” ha sorpreso persino Falcomatà e i suoi, ma se è vero che i principi democratici vanno rispettati (e, dunque, approfondita anche e soprattutto la questione brogli elettorali), il sacrosanto diritto di protestare e ribellarsi non ci è ancora stato sottratto del tutto e quel rinnovato ingiustificato consenso, ottenuto dopo sei anni di assoluto degrado fisco e morale che Reggio ha subito, non può lasciare adagiati gli attuali temporanei (dis)amministratori sui loro artificiali allori.
Affacciandosi tra i merli delle loro torri d’avorio vedranno da soli che il malcontento monta preoccupante.
Ernesto Siclari
Reggio 70