Nel mezzo della tempesta pandemica che, pur scemando, continua ad essere temibile alternando momenti di apparente calma a pericolosi colpi di coda, la stagione estiva di quest’anno ci consegna nuovamente i dubbi e le domande che da sempre hanno caratterizzato le diverse visioni sul futuro del nostro territorio metropolitano.
Un territorio povero, ogni anno di più, che stenta ancora a capire cosa vuole diventare da “grande” e si barcamena alla meno peggio rimanendo in uno stato semi comatoso che, purtroppo, tende inequivocabilmente a peggiorare.
Le discussioni, le polemiche, le critiche e le azioni di chi dovrebbe governare i processi e rappresentare le istanze della comunità si fermano sempre ai sintomi, gravi o meno che siano ma, ad oggi, nessuno ha avuto il coraggio o le capacità di prendere di petto il problema principale: la malattia.
La verità è che stiamo morendo d’inedia. Reggio non ha il cibo che gli è necessario per sopravvivere e si sta lentamente ma inesorabilmente consumando.
Non abbiamo fonti di reddito che non siano i dipendenti pubblici, qualche grossa e media azienda, un settore agroalimentare in modesta ma costante espansione, il commercio e i servizi. Risorse insufficienti anche solo per tentare di sopravvivere, figuriamoci crescere.
Le entrate esterne, quelle che servono per creare le condizioni di un possibile sviluppo, sono pressoché inesistenti.
Negli ultimi decenni, in mancanza di una visione chiara e di una strategia di sviluppo definita, c’è stata una parola magica pronunciata come un mantra, “venduta” quale soluzione salvifica che tutto può risolvere: il turismo.
Reggio Calabria città metropolitana a vocazione turistica. Uno slogan che ricordo da quando ho memoria. Il problema degli slogan però è che, per quanto suggestivi, se non seguiti da azioni conseguenti rimangono quello che sono: parole. Parole vuote e inutili.
Quindi iniziamo una buona volta a parlare di turismo, a farlo in modo serio, ad attivare strategie che prevedano in maniera concreta step e azioni da mettere in campo.
Il turismo non è qualcosa che nasce per magia, non basta avere uno splendido mare e la montagna a pochi minuti da esso, lo spettacolo dello stretto, tesori artistici e archeologici unici al mondo, tradizioni millenarie e affascinanti, una cultura enogastronomica seconda a nessuno. Fosse così saremmo già una delle più importanti mete turistiche in Europa e nel mondo.
Il turismo invece è programmazione e duro lavoro. Per elaborare un piano di sviluppo turistico, è necessario dotarsi di “strumenti” normativi e societari che possano gestire un fenomeno, così trasversale e pesantemente impattante sui luoghi dove si evolve, da avere bisogno di un approccio multidisciplinare e un’azione costante ed efficace sia endogena che esogena.
Un’azione che si esplichi a 360 gradi stimolando la messa in rete dell’offerta esistente e la creazione di nuovi servizi d’accoglienza e di incoming, intercettando la domanda nei territori più appetibili e potenzialmente interessati, lavorando sulla destagionalizzazione, la diversificazione dei target, l’ottimizzazione delle proposte turistiche, il potenziamento delle strutture d’accoglienza, la sensibilizzazione dei residenti.
Quest’ultimo punto è molto importante per una crescita turistica consapevole e condivisa.
È bene chiarire che il turismo, così come qualsiasi volano economico, non è “gratis”. Se gestito bene porta ricchezza, benessere, posti di lavoro ma, come qualsiasi altra “industria”, per quanto pulita, ha un impatto socioeconomico rilevante nel territorio dove progredisce. Impatto che unisce agli immensi benefici anche alcuni “costi” che spesso sono a scapito dei residenti.
Per questo si deve operare sin da subito per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di una terra, ancora solo potenzialmente turistica, che deve sgomitare in un mercato altamente competitivo per farsi notare ed essere appetibile, e quelle dei cittadini che ci vivono dato che i bisogni di un turista sono diversi e spesso antitetici rispetto quelli dei residenti.
E per tale motivo che si deve agire trovando una mediazione che, però, non può sottrarsi dal mettere in primo piano le caratteristiche qualitative del prodotto che vogliamo vendere: il divertimento, l’unicità dell’esperienza, il benessere di chi visita (e per farlo paga) il nostro comprensorio.
È quindi indispensabile iniziare a ragionare organicamente su come la città metropolitana possa finalmente valorizzare tutte quelle peculiarità che la rendono naturalmente una metà turistica di sicuro interesse. Per far ciò dovranno essere operate delle scelte precise incastonate in un progetto strategico ben definito e di lungo respiro.
Inoltre non si può prescindere da un miglioramento generale dei servizi primari quali, ad esempio, la pulizia, l’approvvigionamento idrico, la manutenzione, il potenziamento delle infrastrutture e quant’altro serva ad accogliere al meglio i visitatori.
Alla stessa maniera non possiamo neanche immaginare di mantenere limiti che scoraggino la presenza dei potenziali turisti, ad esempio, in merito agli attuali orari di chiusura dei negozi o delle attività musicali nei locali insistenti nel centro storico o ancora degli orari di fine del servizio di trasporto pubblico, per il semplice motivo che ciò si ritorcerebbe contro qualsiasi sforzo profuso che punti sul turismo come principale volano di crescita e sviluppo.
Partendo dal presupposto che i target di riferimento su cui indirizzarci non sono e non devono essere quelli di un turismo prettamente giovanile, rimane il fatto che chi va in vacanza non ha le stesse necessità di un residente. Non deve svegliarsi presto, non deve lavorare e non ha incombenze da svolgere. Il suo unico scopo è divertirsi e rilassarsi e questo passa anche dal poter ascoltare buona musica fino a tarda notte o nel fare shopping la sera sapendo, inoltre, di poter usufruire di servizi pubblici di trasporto efficienti, numerosi e attivi fino a tarda notte.
Intendiamoci, nessuno può pensare che i territori reggini debbano diventare un clone della riviera romagnola. Ciò a cui dobbiamo tendere è ben altro date le peculiarità del nostro comprensorio, ma questo non ci esime dal dover accettare dei piccoli compromessi per ottenere vantaggi immensamente più grandi.
Se veramente crediamo che lo sviluppo turistico sia ciò che può cambiare radicalmente le nostre sorti dobbiamo muoverci adesso, nel momento in cui stanno arrivando risorse economiche importanti (anche se minori rispetto a ciò che ci spetterebbe) che dovranno essere investite con oculatezza e chiarezza di visione per dotarci di strumenti, prendendo esempio da territori che dei flussi turistici hanno fatto la loro ricchezza, che ci consentano di governare tutti gli innumerevoli processi indispensabili a trasformare finalmente e definitivamente la nostra città metropolitana assecondandone una vocazione sino ad oggi rimasta solo un pio desiderio e nulla più.
Claudio Aloisio
Presidente Confesercenti Reggio Calabria